Lo chef Matteo Benfenati
E’ lunga la strada per chi vuole fare lo chef, ma non sempre: a cinque anni già ‘chiudeva’ (e bene, n.d.r.) i cappellacci insieme alla nonna e quasi un anno fa vinceva anche l’ambito premio, insieme alla famiglia Serafini, della miglior salamina “A zzuén al maiàl… in piaza!” a Tresigallo.
In mezzo a questo lungo lasso di tempo, la cucina: insieme alla cura e alla lunga preparazione degli alimenti dalla terra fino alla tavola, ‘far da mangiare’ fa parte della sua vita e la cucina tipica ferrarese, rispettandone le tradizioni e i dogmi, è sempre rivisitata in chiave contemporanea.
Questo è lo chef dell’agriturismo “Alla Strozza”.
Matteo Benfenati, 27 anni, originario della vicina Quartesana, seppur giovane ha già diverse esperienze alle spalle, da dieci anni: “Scacciapensieri” e “Cusina e butega” sono solo alcuni dei ristoranti ferraresi in cui ha lavorato dopo il diploma conseguito in cucina all’istituto alberghiero “Vergani” di Ferrara. Da anni, fa parte della grande famiglia de “Alla Strozza”.
“Ma chef, cosa vuol dire rivisitare la cucina ferrarese?” è la tipica domanda che gli fanno in tanti: Matteo, abbozzando un piccolo sorriso, fa un semplice esempio, ma che racchiude la genuinità del suo pensiero culinario. “Tra i tanti”, dice il giovane chef, “posso citare i cappellacci con pancetta affumicata, mandorle e riduzione di aceto balsamico o i cappelletti con burro e tartufo, versione fresca ed estiva”.
Ecco, proprio da questi semplici accorgimenti, e soprattutto abbinamenti, parte il lavoro che ogni giorno lo chef de “Alla Strozza” propone: tra i piatti, ricevono sicuramente una menzione le “sue” tagliatelle verdi con tartufo e bottarga di tuorlo d’uovo marinato, ovvero il tuorlo dell’uovo messo sotto sale e zucchero per venticinque ore e, dopo essersi solidificato con una procedura precisa, viene grattugiato sulla pasta come si fa con la bottarga.
Ma con la stagione autunnale e quella invernale in dirittura d’arrivo, le preferenze a tavola cambiano. Gli ospiti “Alla Strozza” richiedono spesso il somarino nostrano con polenta (in ‘monsa’ un giorno e cotto nove ore) e poi chi torna vuole assaggiare questa prelibatezza, come la tagliata ai quattro sali, servita in padella con aromi e con quattro sali diversi: dell’Himalaya, il maldon, quello nero e quello affumicato. “E non è finita qui” dice Matteo: perché consumata la carne il vero “must” è l’uovo al tegamino cotto nel ‘sughetto’ di questo piatto richiestissimo. Tra le novità di questa stagione, inoltre, l’introduzione delle tigelle insieme agli irrinunciabili e famosi pinzini de “Alla Strozza”, accompagnati tra gli altri dal pesto modenese e dal lardo nostrano stagionato . E questi sono solo alcuni dei piatti che si possono trovare all’agriturismo, gusti della tradizione emiliana con un occhio alla sconfinata cucina italiana, nel solco dell’orgoglio ferrarese.
Ma Benfenati ha anche un cuore grande. Unire creatività e solidarietà non è mai facile, pochi i casi: in occasione di una raccolta fondi poi devoluti interamente ai terremotati di Amatrice, Matteo inventò i negativi all’amatriciana. Si tratta cappellacci con il condimento nel ripieno serviti con la spuma di pecorino e guanciale croccante. Unici. Come unica è la passione che potrete trovare nello sguardo e nelle giovani ma già sapienti mani di questo chef che “sta rifacendo il look” alla cucina della tradizione.